Il caso Ardisson

Arrestarono venti persone, tutte accusate di far parte di un’associazione criminale nata a Sassari dopo il 1848 e che durò fino al 1856 circa. Domenicone venne accusato di essere uno dei capi dell’associazione criminale e il mandante degli omicidi di Nicolò Siri, del carpentiere Gavino Mura e del fratello Antonio, ucciso insieme alla moglie Maddalena Ottonello. Venne inoltre accusato di calunnia insieme a molte altre persone. L’avv. Giuseppe Luigi Delitala e l’avv. Professore Commendatore Pasquale Stanislao Mancini difesero Domenicone durante il processo tenutosi a Cagliari. Il francese Gustave Jourdan discusse l’accaduto nel suo libro “L’ile de Sardaigne” in cui mise a risalto le ingiustizie e l’accanimento contro gli stranieri: “[…] Alcuni anni fa un francese, di cui il nome mi sfugge è stato ucciso per aver voluto costruire a Sassari un mulino a vento (Jourdan fa riferimento al francese Uxel). […]
Alcuni anni fa, il Sig. Ardissòn, è sfuggito solo per miracolo a numerosi tentativi d’assassinio e vide, in una notte orribile, assassinare davanti ai suoi oc- chi suo fratello con sua moglie e suo figlio. Il suo crimine è stato quello di aver costruito a Sassari un mulino a vapore. […]
Non c’è stato giorno in cui non guardai con i miei occhi ogni tipo di statistica sulla criminalità e continuavo a legger sempre la stessa parola all’infinito: omicidio … omicidio … I nomi degli assassini venivano invece cancellati.
Non ci si ferma mai alla lotta contro la violenza se non a causa della debolezza e se da una parte si compie un delit- to dall’altra parte è sempre presente la vigliaccheria. […]”

Il modo in cui Jourdan descrive l’accanirsi del sistema giuridico e dei sardi nei confronti degli stranieri fa capire anche la gelosia che gli stessi avrebbero potuto provare per una persona come Domenicone Ardissòn.
Fu proprio il racconto di Jourdan che portò Enrico Costa a parlare del famoso delitto Ardissòn, argomento che avrebbe preferito lasciare nel dimenticatoio, ma che volle esporre per controbattere al francese.

Anche Vivanet commenta Jourdan e ci riporta che “il signor Ardissòn, questo preteso martire dell’industria e di un molino a vapore, trascina ora coi suoi rimorsi una catena nei bagni della Liguria, e che venne strappato dalla difficoltà delle prove, e dall’eloquenza d’uno dei più abili avvocati di che si onori l’Italia. […]”
Vivanet riportò nel suo libro gli stessi fatti che raccontò Jourdan commentando, però, con gli stessi pregiudizi che ha poi avuto con Ardissòn e Delessert. Forse l’unico errore che fece Domenicone fu quello di controllare le proprietà del fratello Antonio nello stesso 1856, poco dopo l’omicidio. Probabilmente quel fatto venne interpretato con malizia dal tribunale.
Il caso di Domenicone Ardissòn divenne talmente famoso che fece il giro d’Italia e dell’estero, tant’è che se ne occuparono appunto Jourdan, Vivanet ed il Siotto Pintor.

Il processo durò dal 6 febbraio 1857 al 12 aprile 1860. Nonostante l’assenza di prove, Domenicone fu condannato a 15 anni di lavori forzati presso il carcere di Genova. Dal 1856 in poi gli omicidi diminuirono nettamente e la popolazione si fidò quindi del giudizio dato. Durante la sua permanenza in carcere scrisse più volte alla moglie Maddalena, ma non
ricevette mai alcuna risposta. di queste lettere qualche decennio fa, all’interno di un candelabro.

Ancora oggi il caso di Domenicone Ardissòn viene commentato con qualche pregiudizio, ma c’è anche chi dice che si trattò della gelosia dei sassaresi nei confronti della famiglia stessa.
Domenicone era il padrone effettivo di una parte della ditta di famiglia e amministratore della parte della moglie Maddalena.
I cugini di Agostino erano Francesco e Giovanni Battista Ardissone, ma di loro non si sa molto dato che è stato ritrovato solo un documento indicante il lavoro di Giovanni Battista compiuto nel 1852 per la ditta di famiglia. Francesco era il padre di Domenico, nato nel 1832, primo a portare il cognome Ardissòn, probabilmente a causa di un errore di scrittura nel suo atto di nascita.

Domenico, a sua volta, si sposò con Giuseppa Luigia Sotgiu e da loro nacque il personaggio più importante di tutto il nucleo familiare: Francesco Ardissòn.

Le origini

 
Agostino e Pasqualino giunsero a Sassari da Diano Marina intorno al 1805 con il cognome “Ardissone”. Agostino nacque a Diano Marina nel 1781 e si sposò con Maria Natale Rossi, parente del garibaldino Andrea Rossi. Dal matrimonio nacquero molti figli, ma quelli giunti in età adulta furono Antonio, Maria, Maddalena e Domenico, conosciuto anche come Domenicone.

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Francesco Ardissòn

 
Francesco nacque a Sassari nel 1853 in via Lacona e perse subito la madre a soli due anni a causa del colera. Domenico si risposò poco tempo dopo con Gavina Demuro. La seconda moglie di Domenico fu tutt’altro che una madre, dato che odiava così tanto Francesco da arrivare a svegliarlo con dei tizzoni ardenti sotto ai piedi.

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